Pagina:Deledda - Marianna Sirca, 1915.djvu/111

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— E lasciate un po’ aperto! — disse Marianna con durezza.

— Qualcuno può entrare.

— E se entra lasciatelo entrare!

Fidela chiuse egualmente, senza replicare; il rumore dei suoi scarponi, sul selciato del cortile, pareva davvero quello dei passi d’un guardiano di carcere.

— Andiamo, è pronto, — disse ripassandole davanti.

Accese il lume ad olio sporgendone il lucignolo alla fiamma del focolare e preparò la mensa; il pasto era frugale, un pasto quasi di povera gente: pane cotto condito con formaggio ed erbe; ma un’intera forma di cacio stava sul tavolo, e la serva ne tagliava di continuo larghe fette mangiando pane in grande quantità come un pastore. Poi sollevò la brocca dell'acqua e bevette a lungo, mentre Marianna, quasi irritata da quella serenità rozza, prese solo un pezzo di pane duro e se ne tornò fuori.

I grilli cantavano tra le foglie della vite e in lontananza gemeva il lamento di un assiuolo. Dove era Simone? Nel mistero della notte, nel lamento dell’assiuolo. O nel