Pagina:Deledda - Marianna Sirca, 1915.djvu/172

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Nulla era mutato, dopo quel tempo: le pareva d’essere ancora bambina: lo stesso mistero della soffitta era nella sua camera di donna; i personaggi delle leggende avevano preso vita, le cose inesplicabili avevano preso forma; eppure tutto era ancora mistero.

Afferrò con tutte e due le mani, come un ramo a cui si appigliasse per sostenersi, il braccio proteso sulla sua spalla e vi appoggiò la bocca per soffocare i singhiozzi.

— Io non so cos’è, — disse poi, riprendendosi; — sono contenta di quello che ho fatto, ma ho paura. Mi pare sempre di sognare e che una mano mi conduca. Mi conduce, ma io la seguo perchè questa è la mia volontà. Ho pensato bene a tutto, e non tornerò indietro di un passo, fosse pure per salvare mio padre. È il mio destino, Fidela mia! È inutile che tu mi contraddica, Fidela, è inutile che tu parli. Questo è il mio destino.

Si stese nuovamente sul letto e sospirò come sollevata da un peso.

— Non ho mai chiuso occhio in tutta la notte. Adesso sono stanca e dormirò, —