Pagina:Deledda - Nel deserto, Milano, 1911.djvu/196

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qualcosa del suo passato, o per posare da modella? In tutt’e due i casi le pareva di far male, e si pentiva d’essere andata.

— Non sempre si è tristi e nostalgici, — disse, rimettendosi il cappello. — Perchè esserlo oggi che è una così bella giornata?

Egli non cessava di osservarla, coi suoi occhi chiari e lucenti come il rame: quello sguardo le faceva male, le penetrava dentro le carni, e quando l’artista chiese, come per far seguito alle parole di lei:

— E dell’amico Guidi ha notizie? — ella ebbe l’impressione che egli indovinasse anche la causa per cui era venuta e decise di non parlare dell’assente. Dopo tutto, che le importava? Se Piero Guidi le scriveva per amicizia, toccava a lui confidarle i suoi affanni: se era spinto verso di lei da un altro sentimento era meglio non occuparsi più di lui.

— No, — mentì, — da qualche tempo non ho più avuto sue notizie.

Aspettò che il pittore tenesse la sua promessa: ma egli cambiò discorso, e poichè ella aveva fretta d’andarsene, la pregò di tornare l’indomani, e di corsa le fece vedere alcuni studi ove già aveva abbozzato la figura di lei, o meglio di una faccia spettrale e livida dagli enormi occhi violetti, e un nudo che a Lia parvo il ritratto di un’annegata, tanto la figura di donna stesa su uno sfondo giallo era violacea e macabra.