Pagina:Deledda - Nel deserto, Milano, 1911.djvu/267

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voler bene da lei, ad acquistarmi almeno la sua fiducia.

— Ma lei l’ha tutta!

— Non è vero! Lei mi considera come un suo nemico; mi sfugge, o si drizza davanti a me come un muro funebre. Perchè, dica? Che le ho fatto? Le ho mancato di rispetto? Che diritto ha di diffidare di me?

— È vero, nessuno.

— E allora?

— E allora?

Si guardarono. Egli era bello, appoggiato ai cuscini come un convalescente: i suoi occhi erano di nuovo dolci, teneri, non più lucenti di invito, ma supplichevoli: ma Lia oramai si sentiva rassicurata. «Ha paura di me?» No, non aveva più paura, ma nello stesso tempo sentiva di perdere un po’ del suo orgoglio e della sua fierezza. Già cedeva, davanti a lui, e quel che era peggio, si sentiva felice di offrirgli qualche cosa.

Ed egli non la lasciò più in pace con l’offerta della casina e il consiglio e la preghiera di andar presto fuori di Roma.

Anche a sè stesso egli mascherava, con la scusa della salute di Lia, la sua smania di incontrarsi con lei in un altro ambiente.

L’appartamentino di via Sallustiana era troppo pieno di ricordi, che si frapponevano fra loro come veli funebri. Là dentro Lia non avrebbe mai ceduto; e anche lei, in fondo al suo cuore