Pagina:Deledda - Nel deserto, Milano, 1911.djvu/321

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da, e batter col dito sulla carta bollata, e finalmente scuoter Lia per il braccio prima che questa si decidesse a ripiegare il foglietto azzurrognolo.

— È di tua madre, beata? — domandò la vecchia sottovoce, e senza aspettar la risposta, mentre Lia svolgeva il foglio duro del testamento, aggiunse: — leggi a voce alta, rosa mia!

E Lia lesse a voce alta; voce rauca e monotona che pareva d’uno appena svegliatosi da sonno profondo:

«Io Luigi Asquer del fu Filippo, capo divisione nel Ministero delle Finanze, attualmente a riposo, ecc., ecc., nel pieno possesso delle mie facoltà mentali, ecc., ecc., dichiaro d’instituire mia erede universale la mia nipote Lia Asquer del fu Ignazio, ecc., ecc.

«Detta eredità consiste in ottocento azioni di lire cento ciascuna della Rendita italiana, intestate alla detta mia nipote Lia Asquer, e depositate presso il notaio cav. uff. Raffaele Vigna, domiciliato in Roma, ecc., ecc. La detta mia nipote Lia Asquer entrerà in possesso delle azioni non appena presenterà al sullodato notaio cav. uff. Raffaele Vigna l’atto di deposito debitamente registrato e annesso al presente atto testamentario. Nel caso di decesso della detta Lia Asquer il presente atto sarà valido per i suoi legittimi eredi, ecc., ecc.».

— Leggi ancora, spiegami bene, — supplicò la zia Gaina a bassa voce, come vinta da un timore