Pagina:Deledda - Nel deserto, Milano, 1911.djvu/325

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do sarò come morta.... Ho vissuto una volta e basta!...

— Così parlava tua madre, sì, ricordo, proprio così!

Lia chinò la testa, e riprese la posizione di prima: ma il suo atteggiamento desolato non impediva alla zia Gaina di fare per conto suo e della nipote mille progetti uno più puerile dell’altro.

Cadeva la sera. I ragazzi del vicinato s’aggiravano attorno alla casupola e fischiavano per richiamare Nino e Salvador; a un tratto s’udì nel cortiletto uno schiamazzo, un urlìo, e come una voce rauca che domandava aiuto.

— Ah, le mie galline! Adesso vi diverto io, ragazzi del diavolo! — gridò la vecchia, correndo verso il cortile.

Lia rimase sola, con le braccia incrociate sul petto, gli occhi smarriti nella lontananza. I vapori dell’orizzonte diventavano rossi, d’un rosso luminoso il cui riflesso incendiava il mare e la brughiera: ed ella provava ancora una volta l’impressione di trovarsi in un luogo desolato e deserto. L’idea che il suo avvenire era assicurato, che ella non avrebbe più avuto modo di pensare alle piccole cose della vita, invece di rallegrarla le dava come un senso di noia: e la domanda della zia Gaina le tornava in mente: — Sì, che cosa farò adesso?

Anche quel senso d’attesa che l’aveva sostenuta