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loro incontro. Fu baciata e ribaciata. Quando il signor Giacomo pose le sue labbra sulla fronte di lei, provarono entrambi una strana sensazione, che li costrinse a guardarsi fissamente per alcuni istanti.

— Signor Giacomo — disse alfine Cicytella con semplicità — stanotte ho sognato di lei!

E mentre aiutava Azzo a levar le selle ai cavalli, raccontò il suo sogno.

— Ma qui c’è la mano di Dio! — esclamò il pittore, che cominciava a capire il cattivo italiano di Cicytella.

— La mano di Dio! — esclamarono don Martino e la bimba ad una voce. — Ma perché?

— Perché? Il perché lo dirò più tardi... Oh, se questo è vero — aggiunse con enfasi sincera alzando gli occhi al cielo — se questo è vero, io, che dubitai sempre della vostra esistenza, o mio Dio, per cui forse fui castigato, diventerò il vostro più fervido credente, il vostro più fervido adoratore!

— Signor Giacomo — disse severamente don Martino, tuttavia commosso per quelle strane parole — non si deve dubitare dell’esistenza di Dio! È peccato! È follia! Non lo sente lei forse nell’ammirare gl’incanti della natura? Chi altri se non Lui può aver create tutte queste cose belle, così perfette che, se non altro, ci riconciliano con la vita?