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vere quasi indistinta che sollevano i loro piedi striscianti si sperde giù, tra il fitto degli alberi. Il cielo getta un cupo pallore sui visi, sulle vesti; niente animazione; solo un leggero bisbiglio e il suono della fisarmonica; e il susurro del vento che passa sull’alto del bosco.

Ma ogni tanto passa come un guizzo di luce rosea e tremolante: forse è il riflesso della larga e graziosa gonnellina color rosa di una ballerina.

***

E si ritorna.

Siamo di nuovo nel bosco: e si scende allegramente, perché è stata una giornata quasi noiosa. Il cielo pare una lugubre vôlta di bronzo, immobile, senza una linea che varii. Dalla cima della montagna scendono le ultime note della fisarmonica, mentre l’eco triste ripete il cupo brontolio dei tuoni lontani. Fra gli squarci del bosco si vedono le cime delle montagne che chiudono l’orizzonte, flagellate da lampi rossi che s’incrociano come lame di spade di fuoco. Piove: eppure tutto è bello così, perché velato come da una garza d’argento: sembra un paesaggio lontano di cui non si distinguano bene che le more nere luccicanti tra i rovi, e le fo-