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quando meditava sordamente la sua fuga come un uccello che anela di lasciare la gabbia senza preoccuparsi dei pericoli a cui si espone?

E chi lo sapeva? Sappiamo noi ciò che penseremo e sentiremo domani?

— La nostra vita è tutta un triste sogno, — pensava Regina, guardando come affascinata lo splendore dell’acqua corrente. — Io ho sognato, io sogno ancora: anche il mio crescente terrore, la paura dell’oblio o dell’odio di Antonio, è forse un sogno maligno. Che accadrà? Ne so niente, io? Ma... e se il mio timore s’avvera?

— Che farò io? — Anche qui non c’è più posto per me. Tutto è mutato: ogni cosa ha una voce di diffidenza per me. Il mio vecchio mondo, che io ho tradito, ora mi respinge. Ed io... io non avevo preveduto ciò! Andiamo! — disse, scuotendosi e ritornando verso l’argine.

Camminò a testa china, pensando che certamente s’ingannava. No, il suo vecchio mondo non poteva tradirla; era troppo vecchio per commettere simile perfidia.

— Certo, qui la vita è diversa, ma mi abituerò ancora. Domani, alla luce del giorno, quando sarò riposata, rivedrò le cose nel loro dolce aspetto.

Ma intanto non osava sollevare gli occhi per non rivedere il salice che aveva protetto il loro primo bacio.

Toscana la seguiva cantando; Adamo, la cui macchietta nera si disegnava sullo sfondo luminoso del fiume, si divertiva a gridare:

— Antonio! Antoniooooo...

L’eco ripeteva la sua voce sonora. E Regina