Pagina:Deledda - Nostalgie.djvu/228

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Perchè viveva quell’essere? perchè la natura o la società stessa non sopprimeva tutta la gente deforme, inutile, debole?

Per tutto il resto della sua vita Regina ricordò con disgusto profondo, come se là dentro le fossero apparse tutte le cose più turpi e più miserabili della vita;, l’appartamentino quieto del suonatore, le scale aspre, i pianerottoli equivoci, l’atrio polveroso del casone di via San Lorenzo. Non ci tornò mai più.

Ripercorse la via piena di sole, la piazza, i viali, automaticamente, come una sonnambula.

— Ne parlerò subito con Antonio, rideremo assieme, — pensava. Ma intanto si accorgeva che un turbamento profondo la dominava, e invece di rientrare nel giardino, ove l’aspettava la balia, si sedette nella prima panchina del viale a destra, in faccia alle Terme.

Perchè non rientrava nel giardino? Perchè non richiamava subito la balia, per ritornare assieme a casa? Non poteva.

Ad un tratto le parve di udire un rombo lontano, come un treno che passasse, col suo palpito enorme, in una via remota ed invisibile.

— Dio mio, Dio mio, che è?

Una signora con una gran treccia rossa attortigliata sulla nuca le passò davanti, guardandola intensamente, e si voltò prima d’allontanarsi.

Regina si passò una mano sul viso, e capì che era pallida e stravolta: e s’accorse che il rombo lontano e il palpito ansante venivano dal suo mondo interiore, dal suo cuore agitato.

Allora si scosse tutta, come un uccello appena destato, e volle tornare alla realtà. Si trovò sul