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cora nella vita degno di sopportare la vita, ancora un momento e moriva asfissiata.

Istintivamente s’alzò e uscì nel piccolo terrazzino di marmo, dal quale si scendeva per una scaletta al giardino. Un uomo lavorava intorno ad un’aiuola rotonda, molle d’erba vellutata, ornata di fiori, simile ad una torta. Tutto era molle ed artificiale nel piccolo giardino verde e viola, cosparso di petali di glicinie. Una luce rossa di tramonto insanguinava una ghirlanda di rose bianche, pendente dal lauro che sovrastava il cancello in quell’ora socchiuso.

Regina non provava ancora alcun sollievo nel respirare l’aria calda e troppo odorosa del giardino, quando vide il cancello aprirsi ed Antonio entrare. Ella sentì un velo sanguigno calarle sugli occhi, e per un momento non vide più neppure la figura che si avanzava fino a lei. Ma Antonio salì tranquillamente la scaletta, si fermò vicino a lei e le chiese:

— Che fai qui?

Era come sempre elegante, ma non in abito da visita.

— Perchè sei venuto così? — gli disse Regina, toccandogli la giacca. — C’è tanta gente, tanto caldo. Non entrare, tanto non ti hanno visto. Anch’io me ne vado ora.

— Aspetta un momento, — egli rispose, tranquillo, — perchè vuoi andartene?

— Non entrare di qui, almeno! Antonio! — ella disse, eccitata.

— Ma perchè? — egli ripetè semplicemente. E spinse la porta vetrata.

Regina rimase sul terrazzino, guardando senza vederlo l’uomo che lavorava intorno al-