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più la prima casa, ed abitandola si ricorderà sempre l’orrore della rovina...

Antonio non rientrava. Tardava anche la balia, che in quei giorni era di pessimo umore e spadroneggiava più che mai perchè doveva andarsene; era già quasi notte, Regina guardò dalla finestra, presa da una vaga inquietudine per la bimba. Nella via solitaria, spruzzata d’erba come la via d’una città deserta, persisteva l’ultimo crepuscolo; i giardini odoravano di rose, qualche stella oscillava sul cielo ancora sanguigno.

E nonostante tutti i suoi fieri propositi, Regina sentì una grande tristezza al pensiero che avrebbe dovuto abbandonare quella via poetica, di cui ogni filo d’erba sapeva la sua illusione di felicità.


*


Anche quella sera ella tacque. Come fare? Caterina non voleva addormentarsi, voleva stare un pochino col suo papà, del quale ammirava i baffi d’oro, i begli occhi dolci, i bei capelli profumati. S’accorgeva Caterina che il papà era bello? Questo non si sa; ma è certo che ella guardava con vero piacere il viso grazioso e bello del giovine padre, e pareva provasse una sensazione speciale nello sfiorare con la sua guancina d’albicocca matura la guancia sbarbata del papaino.

Antonio cantarellò alla piccina una canzonetta infantile:

Topolin non vuol ricotta,
vuol sposar la reginotta,
e se il re non glie la dà,
Topolin lo ammazzerà.