Pagina:Deledda - Nostalgie.djvu/285

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E cambiando voce, ma sempre beffarda:

— A te piuttosto piacerebbe di restar vedovo.

— Non ne vedo la ragione.

— È vero!

— Come, è vero?

— Tanto, che faresti, vedovo? Ti riammoglieresti subito. Sei uno di quegli uomini che non sanno goder la vita, da soli, che anzi non sono neppur buoni a vivere, da soli. A me questi uomini fanno compassione.

— Dunque io ti faccio compassione?

— Tu? Tu mi fai pietà!

— E perchè? Perchè sono tuo marito?

— Sì, e perchè sei mio marito... Porta via, — disse Regina alla domestica, spingendo dispettosamente il piattino. E quando furono di nuovo soli aggiunse: — Questa volta però non saresti così stupido da sposare una donna povera.

Egli la guardò ed ella credette di scorgere gli occhi di lui illuminati da un baleno d’ira, freddi, metallici, come mai li aveva veduti.

— Io non saprei che farmene delle ricchezze, — egli rispose poi, tranquillo.

La domestica, riapparve sull’uscio e Regina tacque. Tacque, colta da un senso di freddo. Le pareva che le parole di Antonio avessero una intenzione di accanita difesa, un rimprovero breve e schiacciante come una sassata: ella se ne sentiva colpita mortalmente. La lotta cominciava? Per quel giorno non dissero altro; anzi, dopo aver mangiato si ritirarono assieme nella loro camera, assieme fecero la siesta, e prima di andar via Antonio baciò sua moglie con la solita tenerezza affettuosa e un po’ languida.