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Pagina:Deledda - Nostalgie.djvu/302

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pretese, e ritornavo a te perchè avevo finalmente compreso che per esser felice mi bastava solo il tuo affetto...

— Sì, lo dicevi, ma io non potevo crederti. Lo dicevi così, per pietà di me. Ed io non volevo la tua pietà. Regina, — egli riprese, dopo aver respirato forte, quasi per vincere un impeto di pianto, — ora te la faccio io la parte sentimentale, dicendoti che tu mi avevi troppo umiliato... perchè io... non cercassi di contentarti. Che vuoi, dirò come te, anch’io son diverso della maggior parte degli uomini. Più buono o più cattivo? Chissà! Non sarò un uomo superiore, come tu sei una donna superiore (la sua voce vibrava di sarcasmo e di dolore), sarò un uomo inferiore, anzi, un borghesuccio — quante volte me lo hai rinfacciato! — ma appunto per ciò... cosa volevo dire?

Regina, invasa anch’essa da uno strano sentimento di dolore e di beffe, si volse a guardarlo, pronta a rispondergli acremente; ma lo vide così grigio e triste in viso che non osò parlare.

Che dire, d’altronde? Perchè continuare ad aggirarsi così, vanamente, intorno all’edifizio del loro errore, senza osare di penetrarvi?

Antonio riprese:

— Sì, tu mi avevi troppo umiliato. Bisogna che te lo dica una buona volta: dopo letta la tua lettera io avrei commesso un delitto pur di liberarmi dal peso umiliante dei tuoi rimproveri. Mi pareva d’impazzire: era una condanna degradante quella che tu mi infliggevi. E volevo riaverti, tanto per amor proprio quanto per passione: riaverti, non con la forza, non