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E le parve di scuotere le ali come un uccellino caduto per un momento nell’acqua.
Antonio le si avvicinò, e fecero subito pace.
— Del resto, — egli disse, lisciandole i capelli, — il contratto è per un anno. In un anno sai quante cose avvengono. Io farò il concorso, passerò segretario; poi avremo l’indennità di residenza, poi io cercherò di lavorare qualche ora in più per conto mio: forse madame affiderà a me tutti i suoi affari, la nostra posizione migliorerà: prenderemo un appartamento più grande, con meno scale... Tu ti abituerai... Un giorno riderai di aver pianto per così poco. Lavati, ora. Come sei brutta con gli occhi rossi!
— Brutta o bella son sempre io! — ella disse, immergendo il viso nell’acqua fredda. Poi si stropicciò bene il viso con l’asciugatoio, si incipriò, si mise la cravatta, e acconsentì a salire da Arduina.
Trovarono la porta aperta, e dal vestibolo udirono Arduina che parlava ad alta voce nel salotto.
— Chi c’è? — domandò Regina.
Non c’era nessuno.
— Ma cosa fai? parli da sola? — chiese Antonio.
La scrittrice arrossì, rise, strillò, poi confessò che preparava un discorsetto da rivolgere a Sua Eccellenza il ministro della Pubblica Istruzione, al quale voleva presentarsi per chiedere un sussidio per il suo giornale.
— Lo sa tuo marito? No? Allora gli chiederò cosa ne pensa, — disse Antonio.
— Oh, Dio, per pietà, no! — ella gridò.