Pagina:Deledda - Sole d'estate, 1933.djvu/150

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Quel giorno, appunto, i dottori avevano dato al signor Poldino il permesso di fare un po’ di compagnia alla moglie. Egli dunque lasciò l’angolo della stanza dove passava i giorni e spesso anche le notti, ed entrò nella camera nuziale. Sì, proprio nuziale, poiché ancora era quella: e quello il talamo, dove fino a pochi mesi prima egli aveva, per circa mezzo secolo, passato la notte con la sua compagna; quello lo specchio di Murano, che li aveva riflessi al ritorno dallo sposalizio, nitido e fermo ancora come la loro fedeltà. E ancora una volta li riflette, ella appoggiata ai guanciali, sul cui candore il candore dei suoi capelli increspati segna come un festone di trina; egli seduto accanto al letto, col braccio teso sul lenzuolo, verso la mano di lei.

Disse, sottovoce, quasi comunicandole un segreto:

— Oggi va proprio bene. Il professore così assicura, e molto mi ha confortato. Abbiamo anche fatto una bella passeggiatine.

E scuoteva la testa, ammiccando. Ella lo fissava, con gli occhi azzurri, lontani, che a lui sembravano sempre quelli della loro gio-