Pagina:Deledda - Sole d'estate, 1933.djvu/162

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Ebbene, Corso, il forte, il dritto, credette che il fratello fosse davvero svenuto. Lo scosse; lo chiamò: l’altro si divertiva a spaventarlo, finché, per timore clic tornasse la signorina, non mise fine alla commedia. Sghignazzando si alzò e con la fronda tentò di frugare nel mucchio; ma adesso Corso perdeva la pazienza; lo prese quindi a spintoni e lo fece ruzzolare un bel po’ giù per la china. E deciso di fare tutto da sé, per nascondere il corpo del reato, trasse dalla tomba improvvisata il leprotto morto, con la tagliola ancora attaccata alla zampa; se lo strinse fra le braccia e andò più in là, nel fitto degli alberi, dove l’ombra sul muschio quasi nero del terreno, e qua c là qualche argentea fiammella di luce, avevano un non so che di addobbo funebre. Ai piedi di un tronco, il colpevole tenta di scavare una buca; l’impresa non è facile, poiché bisogna prima scorticare il muschio dalla terra, che è molto dura; ma egli si aiuta come può, con le unghie, coi legni della tagliuola, con un suo coltellino prezioso: intanto, intorno al leprotto che pare imbalsamato, con le