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riori, laddove riverirli e onorarli sarebbe più utile, non che più onesto. Di due cose adunque costoro da riprendere sono, tra perchè mancano dell’ ufficio loro, e perchè le parole co’ fatti non s’accordano: perciocchè in effetto con quelli vivendo dimorano, cui con parole biasimano. È il vero, che i superbi e arroganti sono da esortare e ammonire che da questo studio essi ancora si ritraggano; conciossiacosachè niente si ritruovi più contrario al farsi ubbidire e onorare, che l’orgoglio e l’arroganza.
31. Quegli s’onorano e riveriscono, i quali per alcuna cosa lodevole, a noi superiori esser sono creduti; ma chi a se stesso il tutto attribuisce, dà a vedere, sè non essere per ubbidire ad alcuno: anzi ritruovansi di quelli, i quali non s’affaticano in altro, che in dimostrare sè a chi che sia non volersi umiliare in qualsivoglia cosa, nè del suo punto lasciarvi; questi più che la morte in odio hanno il sentirsi nominare inferiori, ben d’esser poveri detti sono contenti: gente altiera, ritrosa e malagevole, e nel fare delle cose tutte severa e intollerabile, i quali, se pure nominar si sentono, di subito alle ragioni corrono; le cose altrui, le loro in sulle dita annoverano e sottilmente vedere le vogliono, cosa ingiusta riputando l’iscostarsi punto da quelle per cagione di chi che sia.