Vai al contenuto

Pagina:Della Casa - Opere varie, 1855.djvu/209

Da Wikisource.

tifero fiato? Sosterrà questo eccelso dominio, che la sua Adria, dal larghissimo ed abbondantissimo petto della quale questa città sempre ha suo nutrimento preso, divenga preda e ricetto d’Andrea Doria e de’ Genovesi, e che eglino alberghino nel porto d’Ancona, anzi vi abitino? Le quali cose se pure in parole udite attristano ed accorano i buoni cittadini, che la salute della loro patria amano e desiderano: innanzi ad ogni altra cosa procuriamo, Serenissimo Principe, di non essere a coll’opera sofferirle costretti, e tenghiamo per certo, che la prosperità dell’ imperadore è avversità nostra, e che quanto Sua Maestà monta, e aumenta tanto scendiamo ed abbassiamo noi; perocchè soccorrendo noi ai nostri vicini e a qualunque altro che da lui oppresso sia, non l’altrui salute col nostro affanuo (siccome alcuni si sforzano di farne a vedere), ma la nostra procacciamo, e sollevando altrui sosteniamo noi stessi, ed il nostro languido e femminile ozio per breve spazio interrompendo, non rendiamo più corta nè più debole la nostra pace, (come questi tali affermano), anzi la afforziamo e la allunghiamo. Non ci lasciamo adunque altempo reggere, ma regghiamo noi il tempo; perocchè indarno avrebbe la Divina Maestà dato agli uomini la ragione ed il senno, se essi poi al tempo ed alla fortuna, che niun conoscimento e niun senso hanno, do12