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caro, non debba troppo farsi maestro di beffe.
93. Vera cosa è, che noi non possiamo in alcun modo menare questa faticosa vita mortale del tutto senza sollazzo, nè senza riposo; e perchè le beffe ci sono cagione di festa e di riso, e per conseguente di ricreazione, amiamo coloro che sono piacevoli e beffardi e sollazzevoli. Per la qual cosa pare che sia da dire in contrario; cioè che pur si convenga nella usanza beffare alle volte, e similmente motteggiare. E senza fallo coloro che sanno beffare per amichevol modo e dolce, sono più amabili che coloro che nol sanno, nè possono fare; ma egli è di mestieri avere risguardo in ciò a molte cose.
94. E conciossiachè la intenzion del beffatore è di prender sollazzo dello errore di colui di cui egli fa alcuna stima; bisogna che l’errore, nel quale colui si fa cadere, sia tale, che niuna vergogna notabile, nè alcun grave danno gliene segua; altrimenti mal si potrebbono conoscere le beffe dalle ingiurie. E sono ancora di quelle persone con le quali, per l’asprezza loro, in niuna guisa si dee motteggiare; siccome Biondello potè sapere da messer Filippo Argenti nella loggia dei Cavicciuli.
95. Medesimamente non si dee motteggiare nelle cose gravi; e meno nelle vituperose opere; perciocchè pare che l’uomo, secondo