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ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA, LIB. TERZO 113

sua incertezza. In tale congiuntura la consorte Eusebia, eruditissima donna e d’una prudenza superiore al femminile sesso, veduto il pericolo gravissimo del Romano impero lo sovvenne di consiglio esortandolo a fidare il governo delle genti oltre le Alpi a Giuliano cesare, fratello germano di Gallo e prole del figlio di quel Costanzo creato cesare da Diocleziano; e sapendo ella che il consorte non avea fidanza in veruno de’ cognati, lo sorprese nel seguente modo: È giovane, dicevagli, non fornito di molto ingegno, speso avendo tutta la sua vita nell’addottrinarsi, il di che inespertissimo essendo e privo d’ogni cognizione fa meglio d’ogni altro al nostro proposito. Laonde se nel maneggio degli affari verrà secondato da propizia stella tu ne avrai merito, se poi ci farà contro non eviterà la morte, nè saravvi più alcuno, quasi membro della imperiale famiglia, il quale possa chiamarsi al supremo governo della Romana signoria.

Costanzo approvatone il consiglio manda in Atene per Giuliano, colà vivendo alla domestica tra’ filosofanti, e superando in ogni maniera di dottrina i suoi maestri. Arrivato, giusta il comando, in Italia, riceve il titolo di cesare, sposa Elena imperiale sorella, ed ottiene il reggimento de’ popoli di là dalle Alpi. Ma il diffidente Costanzo per natura, non potendo in verun conto ritenerlo fedele suo benivolente, gli dà Marcello e Sallustio a compagni, loro commettendo, non al cesare, il governo di quella regione.

Disposte così le faccende in riguardo a Giuliano, Costanzo batte la via della Pannonia e della Misia,