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Pagina:Della Nuova Istoria.djvu/133

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LIBRO TERZO 115

più di numero, non sapere, come egli stesso narra, che orare; scrisse ne' ruoli quanti potè rinvenire, aggiugnendovi ancora di molti prigioni. Standogli parimente a cuore le armi ne trovò di vecchie ascose in una città, e fattele racconciare ne supplì i bisogni della soldatesca. Riferitogli poscia dagli esploratori che presso la città Argentorato, sita alla riva del Reno, trapassato avea il fiume un immenso stuolo di nemici, egli, di subito raccolte all'avviluppata le milizie, mosse a quella volta e, battutolo, inalzò amplissimo trofeo, morti avendo nella pugna sessantamila barbari, ed altrettanti precipitati nel Reno vi giacquero sommersi. Laonde questo trionfo messo a paragone con quello di Alessandro contra Dario, non si riterrà nudamente inferiore.

Qui non è uopo tacere un che avvenuto dopo cotanta vittoria. Egli avea un corpo di secento cavalieri esercitatissimi nelle belliche imprese; il perché fidando nel coraggio e nella esperienza loro, nè piccola parte di d'un prospero successo fondatavi sopra, venivan da lui messi alla pruova. Cominciato l'aringo e mostratisi tutti prontissimi ad operare del miglior animo, gettansi con impeto sopra i nemici rimanendo al primo scontro superiore il Romano esercito; unicamente que' secento cavalieri, dandosi alla fuga, colla maggior turpezza abbandonano il campo, e sordi mostransi alle voci dello stesso cesare, il quale con pochi in sella correva lor dietro esortandoli a partecipare il merito della vittoria. Giuliano dunque a ragione preso da sdegno mirandoli pronti a tradire, per quanto stava ad essi, i proprj cittadini ai barbari, non li condannò al gastigo portato