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LIBRO TERZO 149

quindi unitamente ai Gotti pigliato ad incalciare i fuggitivi, molti ne spensero, oltre di che predarono quantità d’oro ed argento, guernimenti d’uomini e cavalli, letti, mense pur elle d’argento, dai capitani abbandonato il tutto e rinvenuto nella fossa. Caddero nella battaglia due mila e cinquecento Persiani, non più di settantacinque imperiali ebbonsi a lamentare. Venne tuttavia la gioia dell’esercito per così nobile vittoria in qualche modo scemata vedendo il duce Vittore offeso da una catapulta.

Il dì appresso l’augusto fece condurre in piena sicurezza l’esercito di là dal fiume Tigri, e correndo il terzo giorno dopo l’aringo pur egli passavalo in compagnia di tutta la sua guardia, ed arrivato ad un castello (Abuzata dai Persiani detto), vi dimorò cinque giorni. Ripensando poi alla maniera di proseguire il viaggio estimò conveniente che l’esercito, abbandonato il sentiero lungo la riva del fiume, conducesse il piede fra terra, non avendovi più motivo alcuno da supporre espediente l’uso delle navi. Presentataglisi alla mente questa varianza di consiglio e fattene partecipi le truppe ordinò di mettere fuoco ai legni, che subito andarono in fiamme, eccettuatine diciotto Romani e quattro nemici, i quali posti sopra carra accompagnar doveano l’esercito per valersene, come volea prudenza, ne’ futuri emergenti, essendo ora mestieri di terminare l’andata sopra del fiume. Arrivati ad un luogo appellato Noorda pigliarono ed uccisero molti Persiani quivi di stanza. Inoltratisi quindi al fiume Duro ed erettovi un ponte lo tragittarono osservarono poscia che il nemico arso avea