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156 ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA

menza raggiunti. Ma neppure colà il nemico allontanandosi, anzi vie meglio con poderosa oste minacciandoli ovunque dirigevano il passo, e’ forte pericolavano stretti così da molestie all’intorno, come dalla mancanza di vittuaglia.

Or dunque sebbene tale fosse la condizione dell’imperiale esercito, il re tuttavia, facendogli proposte d’accordi, inviava Surena ed altri autorevolissimi personaggi della monarchia1. Gioviano consentitovi deputa Sallustio prefetto del pretorio ed Arinteo a stabilirne col nemico i patti. Dopo scambievoli parlari adunque si conchiuse una tregua d’anni trenta, gli uni e gli altri aderendovi, a condizione che i Romani cederebbero alla Persia i Babdiceni, i Cardueni, i Remeni ed i Zaleni; oltracciò i castelli, quindici di numero, spettanti alle nominate regioni, compresivi gli abitatori, i campi, i giumenti e tutte le suppellettili locate in essi. Consegnerebbero a simile Nisibi senza la popolazione, accordandosi a questa di trasferirsi ove piacesse all’imperatore. I Persiani occuperebbero eziandio gran parte dell’Armenia, solo brevissimo tratto lasciandone in possesso dell’impero. Approvati da ambe le parti gli articoli ed estesi per man di notaio, i Romani ebbero facoltà di ripatriare col patto di non importunare meno-

  1. Chiederà il re per la nostra liberazione il possedimento di cinque provincie, e sono la Trastigrana, l’Arzanena, la Moxoena colla Zabdicena, la Reimena e la Corduena, unitamente a quindici castelli, a Nisibi, a Singara ed alla rocca de’ Mauritani, opportunissimo forte. (Marcell.) T. S.