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LIBRO QUINTO 243

lente scosse la intera Grecia, come narravamo nel precedente libro, ed in questa occasione dal nemico, il quale minacciavala di estrema rovina.

Alarico impaurito dalle visioni apparsegli, lasciata l’Attica libera interamente dalle sue rapine, dirizzò il passo alla Megaride e di subito impossessatosene, corre alla volta del Peloponneso non rinvenendo lungo quella via opposizione alcuna. Accordatogli poscia da Geronzio il valico dell’istmo potè senza fatica e battaglie impadronirsi di tutte le città prive affatto di mura, provveduto essendo alla sicurezza loro colla guarnigione dell’istmo. Laonde prima Corinto e le prossimane cittadi arrendonsi tosto alle sue armi; dopo lei Argo unitamente ai luoghi di mezzo infino a Sparta, pur ella soggiacendo all’egual sorte della rimanente Grecia, non provveduta, colpa la Romana avarizia, nè di armi, nè di gente adatta alle pugne1; ma subordinata a ministri traditori e studiosissimi nel secondare, in ogni cosa funesta alla repubblica, la cupidigia di coloro che aveano il comando. In Rufino spasimante l’impero, alla nuova delle Greche disavventure, vie più crebbene la bramosia, sperando, turbato l’ordine pubblico, non incontrare ostacoli ne’ suoi conati. Ma Stelicone, imbarcate le truppe, mette alla vela per soccorrere la disgraziata Acaia. Afferrato nel Peloponneso costrinse i barbari a fuggire in Foloe, e distrutti avrebbeli agevolmente per mancanza di annona, se dato non

  1. Gli Spartani volevano che la città loro non fosse difesa da muro, dal valore bensì della popolazione. T. S.