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270 ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA


Ognuno poi di mal animo comportando il danno alla città recato, nè rinvenendone cagione meno l’ombra dell’asino (proverbio noto), i famigliari del principe volgean la mente a riparare i sofferti guasti. Ecco intanto avviso ai palatini che grande caterva d’Isauri dimoranti al di sopra della Pamfilia e della Cilicia negli alpestrissimi ed inaccessibili gioghi del Tauro, divisi in compagnie di predatori mettevano a soqquadro la bassa regione. Nè danneggiare potendo le munite città, straziavano con iscorrerie le borgate prive di mura ed ovunque mettevan piede; questi saccheggi poi addivenivano più agevoli dall’essere quel suolo non guari prima caduto in potere de’ nemici, datosi Tribigildo co’ suoi barbari a sediziosi movimenti. Giuntone l’annunzio mandasi Arbazacio a porgere aiuto agli oppressi Pamfiliesi. Il duce fornito di acconcia milizia perseguitando que’ ladroni fuggenti in mezzo de’ poggi occupò molte città loro ed uccise quantità di armati: ben di leggieri inoltre ridotto avrebbe il resto sotto la sua obbedienza e procacciato agli abitatori delle città stabile sicurezza se per l’abuso de’ piaceri e delle turpi voluttadi non si fosse molto affievolito, ed allargando la mano al danaro anteposto non avesse lo arricchire al pubblico bene. Laonde in forza di tale prevaricazione richiamato alla reggia, niente meno attendevasi che di essere tradotto in giudizio. Ma, offerta all’augusta parte della pecunia dagli Isauri avuta, riuscì ad evitare il processo e prosondere le male acquistate ricchezze in urbani diletti.

Fin qui gli imprendimenti degli Isauri limitavansi