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LIBRO QUINTO 281

deliberazione. Conosciutosi quindi salvo Onorio da lesione comunque, Stilicone divisò convenirgli non di proceder oltre a punire l’esercito, ma di andare a Ravenna. Imperciocchè rammentava la moltitudine di quei soldanieri e, peggio ancora, osservava l’imperiale animo verso di lui mal fermo: reputava al postutto nè pio nè sicuro lo spedire barbari contro alle Romane truppe.

Egli poi, mentre inquieto va titubando intorno ai proprj disegni, vede i barbari seco bramosi di effettuare il convenuto nelle precedenti consultazioni ed intenti a distorlo dagli ultimi fatti propositi. Or questi invano tentato il persuaderlo, stabiliscono concordemente di arrestarsi in alcuni luoghi attendendovi che il principe meglio palesato abbia le disposizioni dell’animo suo verso Stilicone. Saro intanto, fortissimo di membra e superiore in grado agli altri confederati, col mezzo dei militi a lui sommessi, uccisi, mentre dormivano, tutti gli Unni, costante guardia di Stilicone, impadronitosi delle bagaglio che lo seguivano, e pervenutone al padiglione lo trova considerando i futuri eventi. Quegli dunque all’osservare anche i suoi barbari discordanti gli uni dagli altri, camminato a Ravenna, esorta le città ove dimoravano lor donne e prole a non permettere l’entrata a veruno di essi presentandosi alle porte.

Olimpio allora, in possesso dell’animo d’Onorio, spedisce alle truppe di Ravenna lettera del principe coll’ordine di fermare Stilicone e custodirlo in libero carcere; questi, avutone sentore, a notte scura riparò ad una chiesa de’ cristiani. Vulgatosi il comando,