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288 | ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA |
suo officio, che sebbene colei sapesse i proprj futuri destini, vano le addivenne il guardarsene; anzi presentò al laccio quel collo, intorno al quale posto avea gli ornamenti della Dea1. Narrasi eziandio che Stelicone per altra consimile nefandezza non evitasse la segreta punigione della Vendetta. Raccontano di fatto che egli ordinasse togliere dalle porte del Campidoglio romano le pesantissime auree lame di cui erano coperte, e di più che gli esecutori del comando rinvenissero da altro dei lati loro impressovi: SERBANSI AD UN MISERABILE GOVERNATORE; alla scrittura l’evento rispose, infelice e miserabile stato essendo il termine della sua mortale carriera.
- ↑ Quale fosse la cagione della costei morte non trovo negli altri storici che ho per le mani. Stupirei tuttavia se Zosimo non riferisse fatti di tal natura al dispregio verso gli Dei, non avendovi patrocinio più acconcio ad un falso culto di quello tratto dalle favole. Può credersi dunque che Serena finisse di laccio la vita spintavi da ben altre considerazioni, dal tradito suo fasto e dall’inatteso ripudio della figlia, vedendo così terminata per lei ogni speranza d’impero, ed invanito l’impulso dell’animo suo tendente a salire più in alto. Dell’egual tempra sono le cose dal Nostro fantasticate rapporto a Stelicone, potendosene la morte ripetere da cause a bastanza patenti, avendo egli eccitato a prendere le anni gli Alemanni, gli Svevi, i Vandali ed i Borgognoni per rapire al genero l’impero e darlo ad Eucherio sua prole. Paolo Diac., lib XIII, così parla di lui: Per ornare della porpora il figlio versò il sangue di tutta l’umana schiatta. T. S.