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298 ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA

noranza, stante il pubblicato divieto a tutti li pagani duci. Nè tornò al suo ufficio infrattantochè l’imperatore, spinto dalla vergogna e necessità, non ebbe concesso, annullato il decreto, ad ognuno, comunque fossene il culto, di proseguire nelle cariche della milizia, e nelle magistrature.

Generido, con questa magnanimità dato principio alla sua capitananza, esercita di continuo le truppe ne’ lavori, e somministrando loro i bisogni della vita non permette il sottrarle, giusta la consuetudine, parte veruna. Col danaro a simile ricevuto dal pubblico tesoro guiderdonava in equa misura i più operosi, rendendosi di tal modo tremendo ai vicini barbari e difensore invitto delle governate genti. Le truppe intanto di Ravenna fossevatesi occupano il porto, e con turbolenti gridi chieggono la imperiale presenza. Giovio allora, patrizio e perfetto del pretorio, mentendo timore della sedizione, fattosi innanzi e sinto ignorarne il motivo (sebbene corresse voce esserne egli stesso l’autore in compagnia di Ellebico conte de’ cavalieri domestici) addimanda loro il perchè indotte fossersi alla sommossa. Rispostogli di voler nelle mani i duci Turpillione e Vigilanzio, ad una con Terenzio prefetto de’ reali cubicoli ed Arsacio a lui secondo in grado; il principe, dottandone il tumulto, condanna i due prefati duci ad un perpetuo esilio, il primo nell’oriente e l’altro in Milano, ma non a pena entrati nella nave pongonsi a morte dai marini per ordine del medesimo Giovio, onde tornati e scoperte le insidie tese loro non istimolassero il monarca a dargli il meritato gastigo. L’im-