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LIBRO PRIMO. 37

parsa di Zenobia entrò in Antiochia, accoltovi con massimo giubilo dalla popolazione. Udito poi che molti seguaci della fuggitiva allontanati eransi da quelle mura per tema di soggiacere a qualche infortunio, mandati da per tutto bandi esortavali a tornare, attribuendo lor passate vicende meglio a costringimento e necessità, che ad arbìtrio e proprio volere.

L’imperatore accolse benignamente costoro al restituirsi, in virtù degli annunzj, nella città, ed accomodate le urbane faccende passò ad Emisa. Conosciuto in seguito che alcuni Palmireni occupato aveano un colle a cavaliere del sobborgo Dafne, estimandolo per la grande ertezza impedimento al transito de’ suoi, egli animólli ad ascenderlo tenendo insiem congiunti gli scudi e serrate le file, di questo modo se per avventura lanciati fossero dal nemico dardi o sassi, ributtati verrebbero dall’addensamento della falange; tutti mostraronsi di buon grado pronti ad eseguire il comando. Saliti il ripido monte giusta le prefate istruzioni, e livellatisi affatto co’ nemici li posero in fuga, nella quale molti al cadere per que’ dirupi fracassaronsi le membra, ed il resto, quanti lassù ricoverati eransi, cadde sotto il ferro de’ persecutori. Dopo la riportata vittoria Aureliano, apertosi un valico libero da timore ed opposizione, mettea piede in Apamea, Larissa ed Aretusa. Vedendo poi l’esercito de’ Palmireni a campo davanti Emisa, e saputone il numero, compresi gli aiuti, ascendere a settanta mila combattenti, steccossi loro di contro i Dalmati, Misii e Pannonj a cavallo, aggiuntivi parimente i Norici ed i Rezii, Celtiche legioni. Eranvi inoltre i guerrieri