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2 ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA.

dussero vivo a Roma. Delle quali vicende la ragione uom certo attribuire non vorrà ad umane forze, bensì piuttosto a fatale necessità, ovvero ai rivolgimenti degli astri, e meglio ancora all’arbitrio del Nume stesso favoreggiatore delle oneste imprese. Poichè formando esse tal foggia di serie colle susseguenti da parere le une sequele delle altre, destasi in chi rettamente ne giudica il pensiero d’una provvidenza divina reggitrice delle bisogne di qua giù, onde coll’aiuto di lei, quasi fonte ubertosa d’intelligenza, invigoriscano gli animi, ed al suo venir meno discadano come ora si vede.

È qui mestieri che dagli eventi stessi tragga pruova di quanto espongo. Dalla fine della troiana guerra insino alla battaglia di Maratona1 si pare che i Greci nè entro nè fuori della patria nulla operassero degno di rimembranza. Assaliti in allora dai prefetti e dalle infinite schiere di Dario, otto mila Ateniesi2 animati da incitamento divino ed impugnate armi comunque venute loro alla mano, di gran cuore movendo contro al nemico, riportaronne sì gloriosa vittoria che giunsero, fattane strage di cinquanta mila, a discacciarne dalle proprie frontiere il resto; così i Greci crebbero in fama. Quando poi, morto Dario, Serse con truppe assai maggiori, conducendo Asia tutta a guerreggiarli, empieva di navi il mare e di cavalli e fanti la terra, e quasi gli

  1. Questa guerra contro Dati, prefetto dì Dario, capitanata era da Milziade.
  2. Dieci mila, dice Giustino, oltre i mille ausiliari di Platea.