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68 | la sorella |
Cleria. Imaginatevi, cara madre, che non conoscendo al mondo altra che voi, e poi essendomi tolta, che disperazione era la mia.
Constanza. Figlia cara, come ti trovo in casa di tuo padre?
Cleria. Separata da voi, fui comprata da un sangiacco, e avanzando io in etá, s’invaghí di me quel cane; la moglie ne divenne gelosa, e, quando ei si partí per affari del Gran Signore, mi consegnò ad un servo, che mi vendesse. Cosí capitando mio fratello in Constantinopoli, mi riscattò da quello e mi condusse qui a casa seco.
Constanza. Sia lode a Dio del tutto.
Pardo. Troppo sarete lunghe, se volete qui raguagliarvi delle passate fortune. Entrate, moglie, a riposarvi; che non mancherá tempo a questo. Attilio, aiuta tua madre; io, tua sorella.
Attilio. Cosí faremo.
SCENA V.
Trinca, Constanza, Attilio.
Trinca. Padrona, non siamo stati defraudati della speranza nostra, perché avete oprato piú di quel che ne prometteste: veramente l’amor della madre avanza tutti gli altri. Che lacrime ardenti ho visto sparger da gli occhi vostri! che affettuosi abbracciamenti! che vivi motivi di materni affetti! Sto per inchinarmi e baciarvi i piedi, per tanto obligo che v’ho per rispetto del mio padrone, e del mio; ché, scoprendosi l’inganno, era spacciato il fatto mio.
Attilio. Il fingere è stato tanto naturale, che confesso l’arte aver superato la natura. E chi sarebbe stato che, veggendovi, non avesse giurato che quella fusse la tua vera Cleria? e voi la sua madre? O cara madre sovra tutte le madri, lasciate che vi baci le mani: e quando mai potrò ricompensarvi cotanta affezione?
Constanza. Figlio, non bisogna che m’abbiate obligo alcuno per ciò, perch’io non ho finto cosa alcuna. La giovane, che innanzi condotta mi avete, è la vera Cleria tua sorella, ché insiememente fummo rapite da’ turchi.