Pagina:Della Porta - Le commedie II.djvu/134

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122 la cintia

viddi piú brutto e piú infame atto di questo, o non piú mai inteso tradimento al mondo, indegno non solo da imaginarsi da un gentiluomo par vostro ma da un barbaro e ben incolto; né so come in un bell’animo, come il vostro è, abbia potuto capir cosí brutto pensiero. Avere ingannato una donna, il cui sesso è esposto all’ingiurie di ognuno, poi innamorata! E che si può dir peggio? Converrebbe che quella gentildonna perdesse la vita per farla perdere a voi, avendo con voi perduto il suo onore; e che colui, sotto il cui nome l’avete ingiuriata, togliesse per lei l’impresa. Ed io vi giuro su la fé di gentiluomo che, se non fussi vostro amico cosí stretto, terrei l’impresa di ambedue sovra di me, tanto è l’atto infame e disonorato!

Cintia. Oh che sentenza crudele, oh che giudice precipitoso! come prorumpete in un cosí rigoroso decreto senza ascoltar le mie ragioni e legittime difese!

Erasto. E che ragioni e che difese?

Cintia. E chi fu mai condannato senza ascoltar le sue ragioni? Amava e ardeva senza speranza, occecato di amore non sapeva quello che mi facesse.

Erasto. Amor non fu mai cagion di atto discortese e infame.

Cintia. Il mio non fu effetto di malvagio pensiero siccome appare alla prima vista, ma per alleggiar la mia passione e non morirmi, sapendo quanto è naturale cosa difendersi dalla morte. E che? voleva io consumar la mia vita in piangere e suspirare?

Erasto. Non si deve mai commettere inganno.

Cintia. E se pur si dovesse commettere, solo per amor si dovrebbe.

Erasto. Chi veramente ama non fa cosí.

Cintia. Anzi, chi veramente ama fa cosí.

Erasto. Chi ama procura l’amor della sua amata, non le procura biasmo o disonore.

Cintia. Era mia moglie, non l’ho machinato contra l’onore.

Erasto. Il matrimonio non è valido, perché non è contratto con colui col quale ella aveva l’animo; e se voi non foste cosí occecato dalla passione, un tal fatto lo reprenderesti in un altro.