Vai al contenuto

Pagina:Della Porta - Le commedie II.djvu/149

Da Wikisource.

atto secondo 137


Erasto. E come non volevano esser dolci e suavi se uscivano dalla piú dolce e suave bocca de quante mai fussero in terra? Poi, che disse del comparir su la fenestra?

Cintia. Che arebbe dato una scorsa per la casa; e come tutta la famiglia era occupata ne’ servigi, arebbe fatto segno alla balia ch’io fusse venuto alla buca, e che sarebbe passata in casa mia.

Erasto. Deh! andatevene a casa, gentilissimo Cintio mio, ché forse or ora potrá aver l’agio e venirsene a casa vostra; ché con la medesima affezione io servirei negli amori vostri.

Cintia. Quando i miei amori saranno aiutati da voi, saranno felicissimi. Orsú, io me ne vo, ché questa festa non si può far senza me.

Erasto. Veramente la gentilezza e la cortesia di Cintio è incomparabile, e conosco che m’ama lealmente. Ecco, pur mi son chiarito di alcune cose: che in mia presenza Cintio ha ragionato con Amasia di me, e l’ha promesso venir questa sera — e l’ho inteso con le mie orecchie — e che or ora si fará su la fenestra; che se verrá, conoscerò chiaramente che tutto sia forfantaria quanto mi ha detto Dulone di lui.

SCENA VII.

Balia di Cintia, Erasto, Cintia.

Balia. Erasto mio padrone. Amasia m’ha fatto intendere che verrá or ora alla fenestra, che mandiate Cintio a far la spia e che non vi tratteniate.

Erasto. Cintio è giá venuto, ed io non mi partirei di qua se mi fusse consignato l’imperio di tutto il mondo.

Balia. Eccola che viene.

Cintia. Erasto, vita mia. Dio vi dia ogni contento e felicitá!

Erasto. Ogni contento e felicitá che posso aver in questa vita è la tua presenza, anima mia!

Cintia. M’avete comandato per Cintio, vostro fidelissimo amico, che fusse venuta qui in finestra: ecco vi ubbedisco, perché