Pagina:Della Porta - Le commedie II.djvu/33

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ATTO II.

SCENA I.

Lampridio innamorato, Protodidascalo suo precettore.

Lampridio. Ecco pur veggio quell’ora, che per troppo desiderarla mai non parea che venisse. Quanto pensi, o Protodidascalo precettore, mi sia dolce Napoli?

Protodidascalo. Poi, aedepol, mehercle, quidem, Lampridio, che al fin ti será molto amarulenta. Nota «aedepol» col diftongo.

Lampridio. Pur la buona sorte ha voluto che ci venissi.

Protodidascalo. «O terque quaterque beatus» se non ci fosti venuto mai!

Lampridio. E come desiosa farfalla corre intorno l’amato lume, cosí vo io ratto a pascermi gli occhi dell’amata luce del mio sole! ...

Protodidascalo. La fiamma ti comburerá l’ali, caderai depiumato e ustulato come il Dedalide — patronimice loquendo: Icaro figliuolo di Dedalo.

Lampridio. ... da cui per esser stato cosí lontano, non so come le tenebre non m’abbino occecato e spento in tutto.

Protodidascalo. O quam melius non stuzzicassi i carboni semivivi, semisopiti sotto la cenere, che ogni favillula dandole fiato cresce in gran fiamma. Però smorzalo.

Lampridio. Oimè come vuoi ch’io lo smorzi se tutto ardo? e Amor sí fattamente soffia nelle faci che m’ave accese nell’alma, che sono avampato di sorte che son tutto di fuoco.

Protodidascalo. Rivolvendo le tue cure altrove, Amor insufflando ne’ tuoi igniculi non fará altro che fumo. Ma se tu