Pagina:Della Porta - Le commedie II.djvu/336

Da Wikisource.
324 lo astrologo


Armellina. E tu che vorresti?

Vignarolo. Il direi, ma temo che ti corrucci.

Armellina. Non mi corruccio: dillo.

Vignarolo. Dammi la fede.

Armellina. Eccola.

Vignarolo. Oh che mano pienotta e grassetta!

Armellina. Dimmi, che vorresti?

Vignarolo. Vorrei esser quel piston che pista nel tuo mortaio.

Armellina. Ed io vorrei che, quando ho fatta la salsa, mi leccassi il mortaio. Ma vo’ partirmi.

Vignarolo. S’è partita, la vitellaccia.

SCENA II.

Pandolfo, Vignarolo.

Pandolfo. (Quel furfante di Cricca ha preso tanta paura di quelle coltellate, che non vuole lasciar trasformarsi in Guglielmo in conto veruno: ho pensato al vignarolo, ma non ho per chi mandarlo a chiamare).

Vignarolo. Padrone, buon giorno!

Pandolfo. O vignarolo, che mai giungesti a miglior tempo!

Vignarolo. «Come cavallo magro ad erba fresca».

Pandolfo. Ho tanto bisogno di te che non ne ho avuto altrettanto in vita mia; e se tu vuoi servirmi, tu sarai la mia ed io la tua ventura.

Vignarolo. Eccomi per servirvi.

Pandolfo. È giunto qui un astrologo che transforma gli uomini in altre persone. Se tu vuoi lasciarti transformare in un mio amico, ti lascio tre annate dell’affitto che mi rendi della tua villa.

Vignarolo. E se mi transformo in un’altra persona, che mi servirá quell’utile? lo farai a quello, non a me.

Pandolfo. Tu non sarai transformato se non per ventiquattro ore, e poi ritornerai come prima.