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atto quarto 357


Pandolfo. Torniamo all’argento: che mi rispondi?

Guglielmo. Io non so che rispondervi, perché non so nulla di quello che dite.

Pandolfo. Io non vo’ piú moglie. Torniamo all’astrologo, ché ti ritorni in quel di prima e restituiscami l’argento.

Cricca. (Fermatevi, padrone: s’apre la porta della casa di Guglielmo e ne vien fuori Armellina la serva. Lasciamolo entrare in casa e veggiamo che effetto fará; perché non può egli scapparne dalle mani, e quel che volete far ora lo potrete far sempre che volete. Partiamoci da lui, ché non diamo sospetto dell’inganno).

Pandolfo. (Vo’ attenermi al tuo consiglio).

Cricca. Vignarolo, giá s’apre la porta della casa di Guglielmo. Non vedi la tua innamorata Armellina e la sua figlia? orsú, entra in casa.

Guglielmo. Sian benedetti i cieli che mi vi tolsero dinanzi, ché mi avevano stracco con non so che vignarolo o che argento!

SCENA IV.

Artemisia, Guglielmo, Armellina.

Artemisia. (Veggio il vignarolo trasformato in Guglielmo, che se ne viene dritto a casa. Oimè! che mi par l’istesso mio padre e vo’ dargli la baia un poco!).

Guglielmo. (Ben ne ringrazio i cieli che veggio la mia casa!). Tic toc.

Artemisia. Chi batte, olá?

Guglielmo. O Artemisia, figlia cara, aprimi, che sii tu benedetta!

Artemisia. «Figlia cara», dice il furfante: ah, ah, ah!

Guglielmo. Non conosci il tuo padre Guglielmo?

Artemisia. Chi Guglielmo?

Guglielmo. Chi Guglielmo? tuo padre.

Artemisia. Fosti tu dove è Guglielmo mio padre?

Guglielmo. Dove è dunque tuo padre?