Pagina:Della Porta - Le commedie II.djvu/85

Da Wikisource.

atto quarto 73


Lampridio. Vo’ piuttosto che fuggir esser menato in prigione e patir ogni supplizio sino alla morte. Amore è cosí insignorito di me e con sí forti catene mi tiene avinto che non mi lascia partire.

Protodidascalo. Io dunque, imponendo coronide al mio dire, ti lascio senza medico e senza medicina. Vale.

Lampridio. Io me ne andrò a casa, ché se ben sto col corpo fuore, l’animo è dentro. Oimè, chi sono costoro che vengono?

SCENA XI.

Teodosio, Capitano di birri, Lampridio.

Teodosio. Questi è l’ingannatore, signor capitano. Birri, prendetelo.

Capitano. ¡Alto á la corte! Sois preso; o vos, atadle.

Lampridio. Che ho fatto io, che feci mai?

Capitano. Lo sabrás como serás en carcel.

Lampridio. Aspettatemi un poco, lasciatemi parlare.

Capitano. Habla cuanto quieres.

Lampridio. Non stringer cosí forte, lasciatemi parlare.

Capitano. Ya no hablas con las manos.

Lampridio. (O Dio, come scamperò dalle mani di costoro?). Ascoltate, signor capitano, due parole all’orecchio.

Capitano, ¡Válame Dios! clerigo sois. Dejadle, dejadle.

Lampridio. Signor capitano, costui, che forse non conoscete, è scemo di cervello e va dicendo a ciascheduno che è venuto di Turchia e che ha trovato in casa sua un non so chi, che dice esser figlio a sua moglie e fratello a sua figlia, e mille altre filastroche; e si piglia diletto di dar la baia a tutta questa cittade. Mirate che stracci da mascalzoni.

Capitano. Por cierto yo me lo he imaginado da mi mismo viendole llorar y echar gritos tan altos por todo. Venid acá, ¿que quereis vos de este?

Teodosio. Questi, sotto nome d’Eugenio mio figlio vero, è intrato in casa d’una mia moglie; fingendo esser suo figlio e