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DELLE DONNE 133

Francia i mariti di disporre da soli dei beni comuni ed anche del patrimonio proprio delle mogli1; proclama la necessità del divorzio, dimostrando l'ingiustizia e gli inconvenienti della separazione di letto e di mensa, per ambedue i coniugi, e specialmente per la moglie2; condanna gli ostacoli opposti dai pregiudizi e dalle leggi all'attività sociale delle donne, e reputa necessario al bene morale della famiglia e della società che le donne possano intraprendere parecchie professioni liberali, da cui ora sono escluse nella maggior parte dei paesi civili, quali sono, per esempio, le belle arti, la medicina, l’insegnamento in tutti i gradi, ed anche taluni impieghi governativi, quali le poste, e i telegrafi3, né meno energicamente condanna il disfavore di cui sono generalmente oggetto certe professioni femminili, che pure non hanno in sé nulla di indecoroso, né di ripugnante alla natura, come per esempio, la professione teatrale4. E finalmente il Pelletan reputa indispensabile completamento della riforma della condizione sociale delle donne il rendere partecipi anche queste della vita politica, il farle cittadine. Ciò che manca, egli dice, alla politica, è appunto di non essere femminile oltre che mascolina; una influenza sulle cose di Stato le donne hanno in qualche modo esercitato sempre; importa quindi che questa influenza sia la migliore possibile5. Non crede però il Pelletan necessario a tal fine che la donna debba esercitare i diritti politici come l'uomo, e lottare con questo nel fôro, benché egli dichiari di non voler risolvere completamente questa quistione6. Basta a suo avviso che le donne vengano educate a comprendere al pari degli uomini il significato e l'importanza delle quistioni

  1. Ib., p. 258.
  2. Ib., p. 292-302.
  3. Ib., p. 311-326.
  4. Ib.
  5. Ib., p. 325-334.
  6. Ib., p. 31.