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142 DELLA CONDIZIONE GIURIDICA

parte, e solo per poche donne è un mero ornamento o un trastullo del tutto convenzionale, ma non è mai presa sul serio come elemento indispensabile di una bene intesa educazione dell'animo1.

Accresciuta per tal guisa nelle donne la cultura e le attitudini scientifiche e tecniche, converrà allargare la cerchia delle professioni e delle occupazioni, nelle quali esse sono oggi confinate non solo dalle leggi, ma anche dal costume e dall'opinione. È questa una delle parti più studiate, e più importanti del libro della signora Daubié. Io mi limiterò a riassumere soltanto le conchiusioni.

Vorrebbe l'autrice ammesse le donne all'insegnamento in tutti i suoi gradi, dalle scuole elementari alle universitarie2; — all'esercizio della medicina, sia nei termini stessi in cui la esercitano gli uomini, sia anche soltanto allargando alquanto l'istruzione scientifica e tecnica e le attribuzioni delle attuali levatrici, specialmente nelle campagne3; — all'avvocheria4. — Rispetto agli impieghi propriamente detti, cioè alla prestazione d'opera nelle amministrazioni pubbliche e private, l'autrice nel mentre giustamente si lagna della sconveniente invasione degli uomini in non poche branche le quali meglio si converrebbero alle donne5, propugna con particolare insistenza l'ammissione delle donne agli impieghi pubblici nelle poste e nei telegrafi6, nelle esattorie pubbliche7, nelle biblioteche e negli archivii8, nella sorveglianza delle carceri, special-

  1. Ib., 297. Censura giustamente la ridicola necessità che si impongono in oggi le famiglie di ogni condizione di tormentare le figliuole nello studio del pianforte. «Outre la gêne qu'impose à une certaine classe de la soeiété cette étude, parfois ruineuse, dans les appartements étroits de la petite bourgeoisie urbaine, on assassine impunément les locataires voisins dessous les plus discordants d'un mauvais instrument touché par des mains inhabiles».
  2. Ib., p. 167.
  3. Ib, p. 242-355.
  4. Ib., p. 367-368.
  5. Ib., p. 226.
  6. Ib., p. 197-198.
  7. Ib., p. 211.
  8. Ib., p. 213, 215.