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DELLE DONNE 251


Chi passi in rassegna i molti scritti italiani di questo secolo, nei quali o principalmente, o per occasione si discute intorno al miglioramento del sesso femminile, credo li possa e li debba distinguere in due grandi categorie, a cui rispondono in gran parte due ben distinti periodi di tempo.

Alcuni hanno di mira il miglioramento morale del sesso, per via di una migliore educazione ed istruzione, e sono per la maggior parte i meno recenti. Altri, e più recenti, hanno di mira piuttosto la riforma della condizione giuridica e sociale delle donne, onde allargare il campo della attività di queste, e renderle più libere e più autorevoli così nella cerchia famigliare, come nella sociale convivenza. Ai primi presiede manifestamente l'idea che alle donne occorra prima di ogni altra cosa un maggior sentimento dei loro doveri e una maggiore idoneità ad adempirli; ai secondi presiede invece l'idea della femminile dignità, o di una specie di dovere che ha la donna verso se stessa, di acquistare prima di ogni altra cosa, tutti i diritti di cui è capace, quale indispensabile premessa affinchè poi ella adempia i doveri suoi verso la famiglia e verso la società.

Ad ambedue le categorie di scrittori e di scrittrici è comune la persuasione della eguaglianza di dignità dell’uomo e della donna, e delle preziose doti non meno intellettuali che morali del sesso femminile. Ella è cosa assai onorevole per l'Italia che in un tempo di tanta anarchia intellettuale, di tanta e sì frequente incompetenza nel sentenziare intorno ai più gravi problemi del vivere umano, di tanto contagio di esotiche aberrazioni, nessuno siasi fatto campione in mezzo a noi delle dottrine prudhoniane, ne di quelle del Michelet. Ben è vero che ai giorni nostri, meno ancora che nei tempi andati, sarebbe stato facile dar credito fra noi a dottrine così ripugnanti a tanti e svariati esempi di valor femminile, di cui tutti sono