Pagina:Della congiura di Catilina.djvu/21

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18 c. sallustio crispo

XXIII.



Era fra i congiurati un Quinto Curio, nobil uomo, di delitti e d’infamia coperto, e dai Censori pe’ suoi tanti obbrobrj espulso già dal Senato. Costui non meno leggieri che audace, nè le altrui cose tacea, nè le proprie scelleraggini; nulla più al dire che al fare badando. Da molto tempo disonestamente usava egli con Fulvia, nobil donna; da cui men gradito vedendosi perchè meno donarle potea, cominciò ad un tratto a vantarsi di darle mezzo mondo; quindi a minacciarla coll’armi, se lo tradiva; e a vieppiù in somma inferocire ogni giorno. Fulvia, intesa la cagione di questa nuova superbia, correndo la Repubblica un sì grave pericolo, a molti la congiura di Catilina svelò, null’altro occultando che il nome di Curio. Ciò grandemente gli animi accese a desiderare Cicerone per Console. I nobili, fino a quel dì, fremendo d’invidia contro il popolo, contaminata stimavano tal dignità, ov’ella in un uomo nuovo, ancor che egregio, cadesse: ma la superbia e l’odio in faccia al pericolo tacquero.


XXIV.



Perciò nei comizj eleggevansi Consoli Marco Tullio e Cajo Antonio; il che da prima i fautori della congiura turbò. Ma non s’allentava in Catilina il furore; anzi ogni giorno più macchinando, i luoghi d’Italia a ciò opportuni d’armi riempiva; danari, su la propria o su l’altrui fede accattati, in Fiesole radunava presso ad un Manlio, che a cominciar poi la guerra fu primo. Dicesi, che allora uomini assai d’ogni specie traesse egli a se; e alcune donne altresì, le quali da prima col trafficar di se stesse reggendo allo smoderato lor lusso, per età poi rimaste del guadagno deluse, e non de’ vizi spogliate, si erano seppellite nei debiti. Per mezzo di esse credea Catilina potersi gli urbani servi guadagnare, Roma incendiare, i loro mariti acquistarsi, ovver trucidarli.


XXV.



Era fra queste, Sempronia, donna di virile ardimento più volte mostratasi. Nobile costei e avvenente; di marito avventurata e di figli; nelle greche e latine lettere erudita; cantare e danzare, meglio che ad onesta spettasse, ed ogni altra libidinosa arte possedeva. Alla pudicizia e all’onore anteponeva