Pagina:Della fortuna di Dante nel secolo XVI Barbi, 1890.djvu/46

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- 32 lie (1). Non meno adirato dell’"inso’enzia e bestialità» di ** questo animale „ O^j fa il Borghini; e spendeva a dinustrarla tre dei suoi quaderni, che intitolava col dantesco " E cortesia fu a lui esser villano „ (3). Le censure che si facevano a D.inte da questi vocabolaristi erano di avere stravolte e guaste le voci dall’esser loro ordinario, aggiungendo, scimbiando, levando lettere o sillabe: il che détte occasione al Borghini di trattare in generale delle lic^^nze che al poeta, e specialmente nella lingua nostra, si concedono, e di dichiarare con rara dottrina la proprietà, di alcune voci dai vocabolaristi non intese, che antiche potevano dirsi, stravolte e licenziose^ no. Per quel che riguarda la questione se fosse Dante maggior poeta del Petrarca o viceversa, giudicò assennatamente il Borghini, non potersi tra i due farsi una comparazione reale ed intera come troppo dissimih fra loro, essendo l’uno poeta epico, l’altro poeta lirico. Era possibile tutto al più vedere quale nel suo genere fosse più perfetto; e il Borghini " quanto al poeta lirico e per quel che porta la poesia delle canzoni e de’ sonetti „, non credeva " per avventura potersi.fingere, non che trovare, cosa più perfetta del Petrarca „: in Dante vedeva ’^ esser grandissime e bellissime parte (*) Son. «Un tuo vocabolista, ser Ruscello ecc.». (-) Vedasi fra i quaderni borghiniani della Nazionale di Firenze quello segnato X, 76 a e. 92 b. (*} Quaderni cit, X, 76; 97; 123. Vedasi pure il discorso Dillo scrivere contro al alano nella Raccolta di opuscoli inediti o rari cit. a p. 50.