Pagina:Della geografia di Strabone libri XVII volume 2.djvu/225

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libro secondo 211

dove trovossi fra uomini parlanti quelle stesse parole che poco innanzi aveva copiate. S’accorse nel tempo stesso che gli abitanti di quel paese dovevan essere di una medesima schiatta con quegli Etiopi appo i quali era poco prima approdato, e conobbe ch’erano somiglianti a quelli del regno di Bogo1; ma posto da un lato il disegno di navigar fino agl’Indi, diè volta. Nel ritorno avendo veduta un’isola deserta, ma copiosa d’acqua e di alberi, ne segnò la posizione; e pervenuto sano e salvo nella Maurosia, vendette i lembi, e se n’andò per terra fino a Bogo, al quale poi consigliò di effettuare quella navigazione ch’egli aveva tentata. Ma prevalsero nella contraria sentenza i consiglieri del re, i quali gli posero in considerazione come per quella impresa il suo regno poteva trovarsi in pericolo, facendone manifesto l’accesso agli stranieri che volessero assalirlo. Ed accorgendosi poi che, sotto colore di mandare lui stesso alla proposta navigazione, meditavano di gettarlo in una qualche isola deserta, scampò dal pericolo riparando sul territorio romano, d’onde si trasferì nell’Iberia. Quivi fece costruire di nuovo una nave rotonda ed una lunga da cinquanta remi, per modo che con quella potesse entrare nell’alto, con questa andar costeggiando; poi pigliò seco stromenti spettanti all’agricoltura, e sementi, e uomini esperti

  1. I nomi Bogo e Bocco furono comuni a parecchi sovrani delle due Mauritanie che Augusto unì poi in un regno solo. Quel Bogo di cui qui si parla tenne quel paese dove ora è il regno di Fez. (G.)