Pagina:Della geografia di Strabone libri XVII volume 2.djvu/263

Da Wikisource.

libro secondo 249

detto; e dentro di quello collocare il disegno della Terra abitata. Ma perchè fa bisogno di una sfera grande per modo che una piccola sua porzione ci somministri il quadrilatero già ripetuto più volte, capace di contener chiaramente le parti della Terra abitata e di offerirle distintamente allo sguardo di chi le viene considerando; perciò dove alcuno se la possa far costruire siffatta, sarà questo il meglio (ma debbe avere il diametro non minore di dieci piedi); e chi non può averla di tal grandezza e nè anche di grandezza che sia poco minore di questa, costui descriva la sua carta geografica sopra una superficie piana che sia almeno di sette piedi. Perocchè poco differirà se in luogo de’ cerchj paralleli all’equatore e de’ meridiani curvantisi in giro, coi quali distinguiamo i climi, i venti, e le altre differenze e posizioni delle parti della Terra, considerate fra loro o rispetto ai fenomeni celesti, descriveremo invece linee rette le une parallele, le altre perpendicolari all’equatore; poichè la nostra mente può trasportar di leggieri la figura e la grandezza sottoposte allo sguardo in una superficie piana, ad una superficie rotonda e sferica1: e questo vale sì pei cerchj obliqui

    citato da Strabone nel primo libro. Costui scrisse un commento sui poemi di Omero, e come attese a chiarire principalmente la parte geografia dell’Odissea, così è probabile che avesse fatto costruire per suo studio un globo di notabil dimensione. (Edit. franc.)

  1. Il Gossellin nota opportunamente che alla precisa cognizione geografica non è tanto indifferente l’avere dinanzi una superficie piana o sferica. Ma che nè Strabone nè gli altri antichi furon solleciti della precisione.