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Burocrazia e fisco a Napoli tra XV e XVI secolo

indotta a difendersi dal pericolo di precipitare nella sclerosi del formalismo giuridico, successivamente si è trovata costretta a puntualizzare costantemente i limiti della propria identità, sia rispetto agli alfieri più entusiasti della "storia sociale", pronti a considerare le istituzioni come mere espressioni delle dinamiche dei rapporti di forza esistenti nella società, sia rispetto a quello che Pierangelo Schiera ha definito l’«ipersocialismo storiografico dell'histoire totale», volto a dissolvere ogni dimensione istituzionale in un’onnicomprensiva sfera del "sociale", non meglio definita.

Negli ultimi due decenni, la storiografia europea è stata investita dalla revisione del concetto di istituzione, maturata dalla recente riflessione sociologica, giuridica e sul potere1 12. Le istituzioni e il diritto non appaiono più legate soltanto all’iniziativa di macroentità statuali, come voleva la pubblicistica del positivismo giuridico ottocentesco, né vengono più intese soltanto come il luogo in cui trasparirebbe la trama di alleanze e di blocchi di potere che formerebbero quella "realtà del comando", su cui tanto ha insistito la storiografia degli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso. Le istituzioni e il diritto sono piuttosto concepiti come il prodotto di un intreccio illimitato e illimitabile di strutture sociali, di processi di socializzazione, di tradizioni culturali e di linguaggi, politici e giuridici, spesso tra loro concorrenti e in costante divenire.

Le istituzioni divengono perciò "istituzioni sociali", da cogliere anche nella loro dimensione simbolica e comunicativa, volta a stabilizzare l’istituzione nel tempo.

È un mutamento di propettiva che pone al centro dell’indagine l’universo delle pratiche, delle culture, dei linguaggi e delle rappresentazioni, talvolta compresenti nello stesso momento e nella stessa area, da individuare e ricostruire anche attraverso una rilettura delle fonti alla luce delle rinnovate questioni storiografiche. Le fonti acquistano quindi nuova centralità e sono ora considerate in connessione inscindibile, ed anzi come un elemento stesso dei mutamenti culturali, istituzionali, economici, sociali e politici del tempo, rispetto ai quali assolvono a una duplice funzione, giacché sono, nel contempo, indicatori e fattori degli assetti e delle trasformazioni in atto. Alla luce di tali considerazioni, diventa cruciale la lettura paziente dei testi e della documentazione, volta a riconoscere il significato preciso dei concetti, le loro stratificazioni di senso nei diversi contesti d’uso, attraverso la meticolosa esplorazione in tutti i loro nessi e implicazioni: una lettura "lenta", improntata a quell’esprit philologique che a Nietzsche, già alla fine dell’Ottocento,

  1. Oltre ai diversi saggi contenuti in Chittolini-Molho-Schiera, Origini, e alle relative osservazioni di Bianco, Genesi, si vedano almeno gli studi di Antonio Manuel Hespanha, As vésperas; idem, Introduzione; su questo autore Petralia, Stato; Mineo, Hespanha. Di recente, anche sulla necessità di un più serrato dialogo degli storici con le scienze sociali, Genet, Etat. Molto rilevante, per il punto di vista da me assunto, è soprattutto la ricezione delle opere di Ernst H. Kantorowicz; sia consentito rimandare a Delle Donne, Nachwort.

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