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Burocrazia e fisco a Napoli tra XV e XVI secolo


Fu proprio il di Costanzo a parlare tra i primi, nell’Istoria del Regno di Napoli, della Camera della Sommaria, evidentemente colpito, come i suoi contemporanei, dall’altezza dei compiti e dal ruolo assunto da quell’Ufficio; e, per Pietro Giannone, che con «insolita franchezza» ammetteva di avere «copiato, talvolta, alla lettera, la storia napoletana del Costanzo» 361, questi fu la prima fonte da cui potesse assumere notizie, dati e giudizi sull’istituto che a lungo fu il massimo organo di controllo finanziario.

«Il di Costanzo scrive:il Re [...] ordinò il Tribunale della Sommaria, che avesse cura del Patrimonio Reale, e conoscesse le cause Feudali, dove costituì quattro Presidenti leggisti 37,2 e due idioti, ed un capo, il quale fosse Luogotenente del Gran Camerlengo; e il primo Luogotenente fuVinciguerra Lanario Gentiluomo di Majuri 3

Nel brano del di Costanzo ho evidenziato in corsivo la parola ordinò e il tratto relativo a Vinciguerra Lanario. Ne spiego i motivi. In primo luogo ordinò, che doveva valere riordinò, mise ordine, si prestò all’interpretazione secondo cui re Alfonso, per primo, avrebbe istituito la Camera della Sommaria, come sembra intendere il Giannone, quando, con evidente calco sul di Costanzo, per la prima volta 394 parla di essa.

«Il re Alfonso I a questo tribunale [quello dei Maestri Razionali] unì l’altro da lui eretto dalla5 Sommaria, il quale si reggeva per quattro presidenti legisti e due idioti, dandogli un capo che vi presiedesse in luogo del gran Camerario, onde prese il nome di suo luogotenente. Si vide perciò questo tribunale in maggiore splendore ed autorità, perché oltre alla cura del patrimonio regale, gli fu data anche la cognizione delle cause feudali.»

Il Giannone, immediatamente dopo, mostra di sapere che la Sommaria come corte dei conti doveva esistere fin dai tempi degli Angioini, ma rivela chiaramente di credere che non fosse altro che un Ufficio per la revisione sommaria dei conti. Cita in proposito la lettera prammatica emanata da Alfonso I in data 23 novembre 1450, ma di essa riporta solo una parte; a spiegare le ragioni del nome Summaria dice testualmente:

«quod rationes ipsae in Camera per praesidentes et rationales ibidem ordinatos SUMMARIE viderentur.»
  1. Cfr. Fueter, Storia, I, p. 33. Proprio nell’età del Giannone rifiorì la fama e l’ammirazione per l’opera poetica del Costanzo. Gli Arcadi non potevano fare a meno di ammirare ed esaltare la sua bravura di epigrammista, capace di colpire, anzi sorprendere il lettore con la conclusione ardita di un sonetto. Già nel XVII secolo Tommaso Costo nelle Annotazioni a Collenuccio, Compendio, libro VI, a p. 390 riprendeva alla lettera quanto il Costanzo scriveva sulla Sommaria.
  2. Così nel testo.
  3. di Costanzo, Istoria, ed. 1572, p. 519. L’edizione aquilana «appresso G. Cacchio» del 1581, con qualche differenza ortografica riporta la stessa informazione a p. 415.
  4. Giannone, Istoria, libro XI, cap. VI/5, III, p. 81 sg.
  5. Il corsivo è mio.

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