Pagina:Delle notti di Young traduzione di Giuseppe Bottoni e del Giudizio universale dello stesso Young.djvu/170

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144 UNDECIMA

Era dolce sollievo a? mali miei
25D’un più’ lieto avvenir la speme. Oh DióJ
Questo avvenire è il nulla? A me rijjn resta
Dunque che per soffrir l’ora, che fugge?
Quanto avvilito io sono! In quale abisso
Precipito dal vago etereo seggio, *
30Ove a voi mi portò speme gradita!
Il baratro, ove cadde il più superbo ’
Degli angelici spirti, è me)i profondo
Dello, cupa magione, ov’io mi perdo..
Perche, barbaro amico, a me mi rendi,
35Se un dolce sonno in un più delce ingaimo
Finor mi tenne? Ahi che terribil vista
Rendemi quell’inganno! Oh Dio! S’estingue
A questi lumi il giorno: io più non veggio
Che tenebre, che orrore: io d’ogni bene
40Mi veggo ignudo, e in questa notte orrenda
Più focose le brame in scn mi sento!
Ogni nuovo pensier, che in me si desta,
V anima mi trafigge. A me che giova
L< immaginar, che di più lieta sorte
45jfy poteva goder? Barbara idea,
Che C atro suo velen sparge su mali,
Clioraio deggio soffrir! Qual prò, s’io nacqui
Per trar miseri giorni, e in seno al nulla
Ritornare a perir! Quanto credei
50Dono del Creator, dunque si rende
Dolorosa sventura? E di quesV alma
Le potenze, che un dì cantai superbo,
Altro non son che il mio maggior tormento?
Scienza, di cui tentai scoprir gli arcani
55Con ambiziosa sete, ah volgi altrove
Lo specchio tuo, che a disperar ini porta.
Non mostrarmi, a me stesso: in seno al nulla,
Se in me rivolgo il ciglio, io già mi veggo,
E pin misero son quanto più intendo *
60Qual piacere io provài volgendo in mente
Un generoso nume! Osando il core
D ergersi fino a lui p spinsi lo sguardo