Pagina:Delle notti di Young traduzione di Giuseppe Bottoni e del Giudizio universale dello stesso Young.djvu/216

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190 DECIMAQUARTA

285Xa più tenera parte, ed x>ftre all’uomo *
Mezzo di soddisfar l’insita brama,
Che a negarla lo alletta. Egual non soffri
Chi d’orgoglio si pasce, e sempre aspira
Ad un evento tal, che niuno ottenga.
290Ma in vati s’affanna, e quando a tal altezza
Giunto si crede, a forza è tratto al suolo.
t)gnun si unisce ad annientar si altera
Tirannide, e piacer trova in far vile
Chi d’ergersi tentò: sorgono ancora
295Contro follia sì grande i saggi, e sono
Resi dal proprio amor facili all’ira.
L’uom non loda che a forza, t? mischia a questaIl
dispregio elle può. Se a tromba altera
La fama il labbro adatta a far palesi
300Le nostre glorie, imbocca ancor l’infida’
Picciola canna ad avvertir l’orecchia.
Stupidi resteremmo, allcr che note
Fosser le corde tutte, onde risulta
Quel suono adulator, ch’ama l’orgoglio*
305Lo stesso nome, che di bocca in bocca
JCola glorioso,c in adunanza ascosa
S’avvilisce, s’umilia e sta snìV orlo „
Del labbro, ond’esce fuor lode sonora,
Maligno riso, che d’altrui la fama
310Lacera, uccide. E’ l’amor proprio tifl fieìò,
Repubblican geloso, il qual non vede
Che un tiranno nell’uom, che troppo grande,
E allor che d’una man glorioso alloro"
Porge alla fronte altrui, con l’altra in traccia.
315Va del suo cor per lacerarlo, appunto
Come a Cesare un di fero i nemici;
Alla vittima sua perfido omaggio
Presta, «cade al suo pie per farlo in brani.
Non è sol ili follìa schiavo chi soffre
320Stimoli d’ambizion. Mi desta a riso
L’erudito, che suda, e si tormenta
Per rendersi immorta!. L’industre ÀràGiìe, "
Che del lavoro suo schiava; rimane