Pagina:Delle notti di Young traduzione di Giuseppe Bottoni e del Giudizio universale dello stesso Young.djvu/218

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192 DECIMAQUARTA

Solo in celebri colpe il bel ne adopra,
E l’infamia alPonor vuol ch’agli unisca,
365Parto è sempre un gran ma l d’un grande ingegno?
E raro avvien, che una ragion volgare
A colpa enorme, a gran chimere inviti.
Qual gloria è possedere i tuoi talenti,,
Illustre Enrico, (1) se la tua virtude
370Non si possiede ancor? Invan lo spirto
Mira al giusto, se il core è iniquo, è reo;
E il solo core -a vera gloria ha. dritto.
Che se n’è indegno, in se non ha più l’uomo
Cosa, per cui sperar ne possa il premio.
375I mezzi per agir sceglier s’aspetta
Alla ragione; ad eseguir le brame
Gi avvaiorin del cor: ma la virtude
Sempre del nostro agir fissi la meta.
Se questa è rea, non han più lustro i mezzi
380Colpa è sempre l’evento. Un giusto scopo,
E de’ mezzi con quel giusto legam-e
Formano là saviezza. E F noni, ohe al vizio
Fa l’ingegno servir, ch’ebbe dal cielo
Per seguir la virtù, non è più grande,
385Saggio non èrnia iin essere imperfetto,
Un vivente abbozzato: e nella specie
Di ragion provveduta ci resta un mostro %
E qual è dunque mai la gloria vera,
Che del mortai la maestà pareggia?
390Quella è soltanto, che in lui stesso ha vita;
Che con esser più vile ei non divide.
Quella, che apporta all’uom la spada, o il genio,
Forse questa somiglia? E ancor le fiere
Non vantan come l’uom forza, ed ingegno?
395S’esser grande si può fissando i voti
A vili oggetti, a ciò che in sen ci desta
Solo il presente, un popolo d’eroi
Conterrà dunque in se la selva, e ’l prato •
Ma il portamento eretto a noi donato
400Dalla natura, che non vuol * che l’nomo

  1. Enrico Pelham